Parlare di questo
libro mi riporta nel lontano 2004, anno in cui una giovanissima
Barbara scoprì Giorgio Faletti come scrittore. Si trattava più
precisamente del venti novembre 2004.
Lo ricordo fin
troppo bene e so anche il perché.
La risposta è
semplice: l'abitudine di scrivere la data in cui un libro giunge tra le mie
mani (con la conseguente prima lettura pressoché immediata) era già
radicata da allora e non ho mai smesso.
C'è da dire che
quello fu l'anno in cui fu edito Niente di vero tranne gli occhi,
il secondo romanzo di Faletti; io li ricevetti entrambi lo stesso
giorno, un regalo di mia
madre che, prima di allora non riusciva
a spiegarsi la mia passione per i thriller, ma
poi ha iniziato a leggerli
anche lei. Fortunatamente a
casa mia si legge e anche parecchio, senza schifare i vari generi
narrativi, quindi mi ritengo davvero contenta di essere cresciuta tra
lettori che hanno sempre spaziato.
Conservo
un buon ricordo di questi libri e della giornata in sé, in quanto al
di là dei nostri scontri, delle prese di posizione fin troppo
antitetiche, le mie ragioni mai ascoltate e il suo modo di fare
esageratamente autoritario, la lettura negli
anni ha permesso di creare un
ponte tra me e lei, e per
quanto possiamo essere sempre sul piede di guerra e sull'orlo di
fratture – più o meno
irreparabili – i libri ci permettono sempre di intavolare una
conversazione che porta a una
tregua.
“Perché l'hai
raccontato?”, potreste
chiedervi.
“Cosa vuoi che
ce ne freghi, passa alla recensione!”,
potreste dirmi.
L'ho
raccontato perché mi andava di dirlo, perché quando si tratta delle
mie passioni i pensieri non restano fermi e statici, ma fluiscono
liberi, come se mi
investissero in modo totalizzante, sfiorando
più parti del mio essere,
come effettivamente dovrebbe
fare ciò che ci piace di più.
E
anche perché penso che
spesso ci si dimentica che dietro a uno schermo c'è
comunque una persona fatta di emozioni e ricordi oltre – si spera –
a un cervello funzionante e delle mani che provvedono a scrivere i
pensieri che si vogliono
esprimere nel modo più intelligente, sensato e competente possibile.
Dovrei
ricordarmene ogni tanto anche io, quando penso
di non essere mai abbastanza
capace e mi demoralizzo nel vedere il mio impegno poco ricompensato,
quando le paturnie mentali
sono talmente presenti dal farmi pensare di mollare questo progetto.
I
ricordi portano anche a
questo, indagarci
sul presente e sul futuro e
questo del blog lo vedo molto incerto.
Tornando
a noi, posso dire che, non appena mi trovai questi libri davanti,
scelsi di leggerli in ordine di pubblicazione, restando anche colpita
dalla copertina (molto
semplice ed essenziale, in cui dominano due colori molto pregnanti,
il rosso e il nero) e dal
titolo del romanzo di cui mi appresto a parlarvi.
Non vi sono spoiler,
quindi potete leggere senza problemi.
L'autore:
Giorgio Faletti, nato ad Asti il 25 novembre 1950 è stato, oltre uno
scrittore, un attore, compositore, cantante e comico.
Laureato
in giurisprudenza, iniziò
come cabarettista approdando anche in televisione, ed
è ricordato come il professor Martinelli del film Notte
prima degli esami.
Eclettico,
coltivò
al contempo la passione per la musica scrivendo
canzoni per cantanti come Mina e Angelo Branduardi e cantandone e
incidendone a sua volta, come la famosa Signor
tenente (ispirata
alle stragi di Capaci e via D'Amelio), presentata a Sanremo e che gli
valse il secondo posto e il premio della critica.
La
sua prima esperienza letteraria fu a carattere comico nel 1995 con
Porco mondo che
ciò sotto i piedi
con protagonista il suo personaggio Vito Catozzo e le sue
(dis)avventure. Nel
2002 invece pubblicò Io
uccido,
seguito
da Niente di vero
tranne gli occhi,
Fuori da un evidente destino,
Pochi inutili
nascondigli (raccolta
di racconti), Io
sono Dio,
Appunti di un venditore di donne,
Tre atti e due tempi.
Postumo,
del 2015, è La
piuma,
data la sua morte il 4 luglio 2014.
La
trama:
siamo nel Principato di Monaco e Jean-Loup Verdier, speaker di Radio
Monte Carlo riceve la chiamata artefatta di un uomo che si fa
chiamare “Uno e Nessuno” preannunciando la sua intenzione di
uccidere. Considerato
sul momento uno scherzo di pessimo gusto, il giorno dopo vengono
ritrovati i cadaveri di una coppia: un pilota di formula uno e una
giocatrice di scacchi di
fama internazionale. Entrambi
sono stati sfigurati e una scritta col sangue appare sulla scena del
crimine: io uccido.
Viene mandato a indagare sul caso Nicholas Hulot, affiancato da un
compagno d'eccezione, Frank Ottobre, agente FBI in congedo
temporaneo.
Altre
vittime saranno incrociate dagli investigatori e al contempo si
avranno altre
persone che desiderano indagare sulla morte della scacchista per
motivi personali, fino ad avere
il primo sospettato, nonché la morte di chi si era avvicinato di più
alla vera identità dell'assassino e Frank si ritroverà a dover
interpretare nuove e vecchie tracce giungendo all'insospettabile
serial killer...
Il
consiglio musicale: mi
viene da dire che questa volta la canzone, anzi, le canzoni, sono
state già scelte. Capirete leggendo la recensione.
La
mia invece è Danse
macabre dei The Agonist, che ho associato per via della figura
del doppio che si avverte nel libro e che ho percepito anche nella
canzone.
La
recensione: bisogna
dire che questo libro ha diviso a suo tempo (e credo lo faccia
tuttora) i lettori e i critici italiani.
So
anche che quando si parla di Faletti come scrittore molti hanno il
pregiudizio del tipo “eccolo qua, un altro dello spettacolo che vuole
fare lo scrittore, e col suo
nome non gli risulterà difficile”:
non è una cosa da
biasimare, perché è molto difficile essere scrittori, figurarsi
esserlo per persone che fanno tutt'altro nella vita. Con questo non
voglio dire che non si possa essere scrittori facendo un altro
mestiere e non esiste mettermi in bocca parole che non direi mai (per
onestà, uno scrittore italiano che stimo, ammiro e rispetto tanto,
Paolo Gulisano, è un medico, quindi non è impossibile essere sia
una sia l'altra cosa. Io per prima vorrei, un domani, essere come
lui), ma capisco benissimo che ci possano essere delle riserve
nell'approcciarsi a Faletti.
Oggi
pare, specie con la globalizzazione e l'uso di Internet che permette
di collegare molte più persone e più velocemente rispetto a dieci
anni fa (ma anche di più), che le persone siano tutti
medici, tutti professori e tutti scrittori,
per citare mia madre; ne
consegue che sono in
tantissimi a voler tentare la carriera scrittoria, ma di molti libri
di persone e anche
abbastanza famose ne faremmo
volentieri a meno, sul serio.
E
non voglio fare nomi, perché inizierei a sparare sulla croce rossa e
anche perché sono tanti, il fenomeno è dilagato a macchia d'olio.
Ricordo
però – non so se crederci fino alla fine perché sono scettica di
mio – che Faletti avesse inviato il suo manoscritto a varie case
editrici e che avesse ricevuto picche, fino a quando qualcuno della
Baldini e Dalai ha voluto investire in lui.
Se
così fosse sarebbe una storia a lieto fine, durata secondo me troppo
poco.
Ritengo
che in Italia manchino gli scrittori di thriller (che è ben diverso
dal giallo) e che questo sia un campo molto più vittorioso per gli
scrittori statunitensi (e io
ci aggiungo gli scandinavi),
ma qui abbiamo un thriller
italiano e una buonissima prova d'esordio, per quanto sia stato detto
che è un'americanata, ovvero un'imitazione degli scrittori
d'oltreoceano.
Il
modello che può essere rilevato maggiormente è Jeffery Deaver,
scrittore de Il
collezionista di ossa e
della saga con protagonista Lincoln Rhyme, e chi
divora thriller può essere tra queste persone: chi pensa sia una
copia o chi pensa sia un modello di base da cui partire.
L'ambientazione
è europea, quindi non ci troviamo negli States, ma nemmeno in
Italia, perché come disse tanto
tempo addietro Faletti
stesso “ambientare un thriller in Italia sarebbe improbabile” e
questo è assolutamente opinabile, ma la location è particolare.
Trovarsi
nel Principato di Monaco, un Paese visto sempre come affascinante,
lussuoso, pieno di glamour e di magia derivata anche dal fascino dei
personaggi dello spettacolo
e della vita mondana e vedere questa
magia violata da un assassino seriale che all'inizio non viene preso
sul serio e che poi si
mostra per mezzo delle uccisioni perpetrate, un assassino che appare
e scompare a suo piacimento e che si sente invincibile... beh, è
insolito e oserei dire piacevole.
Le
vittime sono personaggi famosi, le cui morti hanno anche un forte
impatto mediatico; ricordo che questa veniva definita come una pecca
della narrazione perché appariva alquanto improbabile che tutti i
defunti fossero volti noti, e io vorrei dire che, trovandoci nel
Principato (paese con una
densità di popolazione alta, ma per rapporto alla sua estensione non
così rimarcabile) molti sono i vip che ci vivono e probabilmente il
killer desiderava colpire loro nello specifico, o farci pensare che
ci fosse un nesso tra tutti loro o... varie possono essere le ipotesi
e l'investigatore ossia il lettore dovrebbe vagliarle tutte, o almeno
provare a pensarci. La
stessa cosa vale per le prime due vittime: se due personaggi noti
sono una coppia credo che derivi dal fatto che sia molto più facile
incontrare qualcuno del tuo ambiente. Per carità, esistono le
relazioni tra personaggi famosi e persone comuni, ma è più facile
che qualcuno del jet-set frequenti qualcuno dello stesso “giro”.
Non per nulla il Principato
viene definito “Hollywood d'Europa”.
Le
descrizioni sono molto dettagliate: i luoghi sono tracciati con molta
minuzia e particolari. Sembra di essere direttamente sulla scena o di
avere la scena davanti agli occhi come se si stesse guardando tutto
da uno schermo perché vedi un film. A
ogni rilettura mi viene voglia di andare direttamente in Costa
Azzurra per vedere proprio i luoghi descritti.
Allo
stesso modo anche i delitti sono ben definiti e alcune scene sono
piuttosto forti e cruente. Credo che questo potrebbe essere un
impedimento alla lettura
per
qualcuno facilmente impressionabile. Il
trasporre su carta le paure dell'uomo derivate dalle immagini
truculenti per mezzo delle descrizioni è degno di nota.
I
volti sfigurati a me hanno ricordato il quadro Il
doppio segreto di
Magritte e il rimando è stato piacevole anche per il significato del
quadro proseguendo la lettura, ma non faccio spoiler.
La
cura e l'attenzione al dettaglio al particolare nella descrizione può
essere comunque un'arma a doppio taglio giacché abbiamo che ama le
descrizioni e chi le odia, e qui si va di soggettività.
Ciò
è dovuto anche al fatto che
Faletti si fa beffe dello “show, don't tell”, e preferisce
narrare e descrivere, almeno
all'inizio del romanzo, per cui si può avere la sensazione che la
storia non ingrani, cosa che poi fa.
Per
come sono io, non disdegno né il raccontato né il mostrato, anzi,
dovrebbero essere ben mescolati tra loro, a seconda di quello che si
vuole esprimere nella scena e su cosa ci si vuol soffermare nel
determinato momento.
Troppi
dettagli al momento sbagliato fa difettare un libro di agilità,
nessun dettaglio rende il libro sterile, in termini spiccioli.
Il
giusto sarebbe bilanciare le cose, per quanto io prediliga perdermi
nei pensieri dei personaggi perché adoro essere un po' come il
professor Xavier con i personaggi (altrui e miei) e
Faletti analizza gli eventi da più prospettive diverse, indagando
l’animo e le ragioni private dei protagonisti in maniera
particolareggiata.
Allo
stesso modo si può apprezzare o meno la mancata descrizione
particolareggiata di tutti i personaggi; a parte alcune eccezioni
come Frank o altri personaggi che compaiono più spesso, gli altri
non hanno una descrizione che li possa tratteggiare a grandi linee.
Se da un lato questo può comportare un vantaggio per chi desidera
immaginare i personaggi a modo suo per essere più coinvolto nella
vicenda, dall'altro si rischia di non esserlo affatto perché può
accadere che si desiderino maggiori dettagli delle persone per
figurarsele.
Alcuni
di questi personaggi però riescono nel loro intento, ovvero con quel
“poco” – dipende da quello che si cerca quando conosci un
personaggio – si riesce comunque a simpatizzare per loro o se vuoi
prenderli a sprangate sui denti.
Uno
dei fili conduttori è la musica, una delle più grandi passioni di
Faletti e che ha inserito nel romanzo non solo proponendoci tra i
personaggi qualcuno che ha a che fare con la musica per mestiere, ma
abbiamo anche la musica nei delitti perché la voce fuori campo che
annuncia i suoi delitti alla radio, dopo aver fatto il suo spettacolo
di annuncio del prossimo omicidio, lascia in sottofondo una canzone,
ovvero l'indizio che lascia per far capire chi sia la prossima
vittima.
Se
non conoscete i brani che vengono citati nel romanzo, vi consiglio di
ascoltarli, magari proprio in concomitanza con la lettura, se siete
lettori che hanno un sottofondo quando assaporano o divorano un libro.
La
costruzione della vicenda, della trama, c'è. La storia è suggestiva
e risulta essere coinvolgente, con le sotto-trame che restano ben
legate alla narrazione principale, nonostante la mole del numero di
pagine che potrebbe scoraggiare un lettore che non ama vedere libri
spessi.
L'assassino viene svelato prima della fine del libro, ma questo non impedisce di continuare e di divorare il libro sino all'ultima pagina, tutt'altro.
Il flashback utilizzato alla fine è particolarmente incisivo.
Ho
apprezzato i rimandi alla classicità (che sia una prerogativa
del tutto italiana?), e
specie quell'uno e
nessuno dell'assassino,
che rimanda a Pirandello e al Nessuno omerico, ma senza essere una
cosa che lascia il tempo che trova.
Si ha anche un altro filo conduttore che è quello dell'essenza distruttiva
che può avere l'uomo sia su di sé sia sugli altri per mezzo dei
suoi pensieri, delle sue parole e dei suoi gesti, una sorta di follia
che genera follia e già la citazione utilizzata come incipit, di Federico García Lorca, esprime bene quello che sarà l'elemento collante della psiche di un uomo che ha desiderato distruggere, ma anche delle altre persone che si trovano attorno a lui e che, per vari motivi, conoscono varie forme della distruzione, attuata o subita:
“Per la strada va
la morte, incoronata,
di fiori d'arancio appassiti.
Canta e canta
una canzone
sulla sua chitarra bianca
e canta e canta e canta.”
La
costruzione del
serial killer, con tanto di elemento perturbante del doppio/gemello è
un qualcosa che ho molto apprezzato, come l'origano sulle friselle
con pomodoro e olio d'oliva, se mi è concessa la similitudine
culinaria e di citare un cibo della mia terra.
Mi
ha ricordato molto Lo
strano caso del Dott. Jekyll e Mr. Hyde,
in quanto l'assassino era
combattuto interiormente tra uno dei dilemmi che, in un modo o
nell'altro, affligge chiunque, nella dicotomia tra bene e male,
sempre presenti: laddove c'è uno abbiamo necessariamente anche
l'altro.
Il
suo fare del male, frenato alle volte dal voler evitare di arrivare a
tanto, che poi viene comunque messo a tacere, la coscienza senziente
ingoiata di nuovo nelle
profondità delle viscere, è sapientemente definito proprio quando
ci troviamo a leggere dell'assassino, quando ce lo troviamo davanti
nel suo angolino, la sua voce interiore che risuona dalle parole
scritte da Faletti.
Questo
lo si può notare, da un punto di vista narrativo, dall'uso del tempo
passato (usato per la narrazione) che improvvisamente passa al
presente quando entriamo nella mente dell'assassino. Trovo sia una
tecnica incredibilmente d'effetto: per usare la metafora del film,
pare che si abbia una telecamera che gira indisturbata su un set
cinematografico, filmando tutto (narrazione al passato con narratore
onnisciente), ma all'improvviso ecco che di ha uno zoom
sull'assassino.
Ci
ritroviamo a osservarlo, spiandolo, ma
non cogliendo la sua identità se non quasi alla fine (altro punto a
favore del libro). Lo si
spia, mentre indossa ancora
il suo abito integrale nero con tanto di maschera (come viene
disegnato l'assassino
ancora ignoto con la
tutina nera in Detective
Conan),
lo osserviamo, in prede alla
furia della sua rabbia, percependo le vampe dell'ira che lo assale al
punto tale che diventa la sua ombra, un qualcosa che lo segue fino a
quando si erge a essere l'Atropo che recide il filo della vita delle
vittime da lui designate.
I
capitoli del killer sono
quelli più venati di poesia, mirata
anche a sottolineare che anche in una persona così spietata ci sia
amore... e ti viene da chiedere: è possibile davvero definire amore
quello che muove un uomo che agisce a tal modo? Quando si può
parlare invece di ossessione, di attaccamento morboso, di follia
pura?
Il
confine è labile, come la psiche umana ed è affascinante come si
possa restare colpiti dalla mente di qualcuno che ha scelto di
diventare una macchina di morte.
Una
persona che potresti salutare semplicemente tutti i giorni e che
all'apparenza è la persona più mite e pacifica del mondo...
Con
il prosieguo della lettura si sviluppa meglio il modus operandi e si
hanno alcune spiegazioni del comportamento dell'assassino grazie alla
figura di uno psicopatologo, e ammetto che avrei gradito ancora di
più la sua presenza, perché secondo me c'era molto da dire.
Una
cosa che è stata criticata di questo libro è l'uso del sarcasmo
nelle battute dei personaggi, trovate anche queste irrealistiche, con
battute e freddure che, a quanto pare, non sono proprie delle
“persone normali”, stando a quanto ho sentito dire tempo fa.
In
un thriller c'è sempre qualcuno o dei personaggi che hanno un senso
dell'umorismo particolari o sono tratteggiati con tinte anche fosche
di sarcasmo, ma c'è da dire
che ci sono davvero persone
che fanno battute tristi, altre meglio riuscite, altre che fanno
ridere, ma sono più sottili. Chi meglio di un comico può saperlo?
Io ci leggo anche una presa in giro alla categoria di cui fa parte
anche lui, ma potrebbe anche essere che sia io che legga cose che non
ci sono.
Posso dire candidamente e senza nessun problema che questo è nella mia lista (lunga e variegata) dei miei libri preferiti, perché trovo che la storia sia stata ben congeniata e, se si dice che ci troviamo davanti una puntata di CSI con questo libro, permettetemi di dirmi che sicuramente non è Squadra antimafia. E ho detto tutto.
Diventando seria, questa resta un'ottima prova di esordio di uno scrittore snobbato così come il genere da lui scritto ("il thriller è roba da leggere in spiaggia!!!!111one") e sono sempre molto contenta di riprenderlo in mano quando ho bisogno di ritornare in un Principato e sulle tracce lasciate da un assassino così folle e al contempo fragile come quello dipinto da Faletti, a cui sarò sempre grata della bella lettura che mi regala ogni volta.
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