lunedì 1 agosto 2016

Opere: come mi approccio a esse, come ne parlo e come le recensisco

Dato che ho notato nuovi iscritti sia sul canale sia sul blog (cosa per cui non ringrazierò mai abbastanza), ho pensato potesse essere un’idea carina dire delle cose che spesso potrei dare per scontate, ma se nuove persone si avvicinano a me e alle mie idee, potrebbe essere che tanto ovvie non siano.

Quindi, come dice il titolo stesso, vorrei parlarvi di come io ho a che fare con libri, fumetti, film, serie TV e chi più ne ha ne metta e di come poi io desidero parlarne, cosa che faccio anche su questa piattaforma.

Bene, iniziamo!

Mi risulta molto più facile scrivere in un blog che non parlare sul canale.

È la prima cosa che voglio dire (o nel caso ripetere).
La ragione è semplice: la comunicazione scritta mi è molto più congeniale; amo scrivere, e quando lo faccio riesco a ordinare meglio i pensieri rispetto a quanto farei parlando. Con questo non dico di non saper parlare a voce alta; credo di avere una buona proprietà di linguaggio per esprimere i contenuti con la forma che ritengo più adatta al momento, visto che non tutto si può e deve esprimere con lo stesso tipo di lessico. Ho un temperamento abbastanza focoso e fumantino, e quando parlo mi infiammo particolarmente, sia per quello che dico, sia per la forza e la convinzione del mio ragionamento, il che mi porta a scaldarmi; al contrario, quando scrivo, mi rilasso, lasciando emergere la parte più tranquilla e razionale. Quanto ho appena detto non implica tra le righe che mi metta a offendere a destra e manca quando parlo, affatto, ma ammetto che il mio carattere non è per nulla arrendevole e calmo.

Considerando il fatto di non avere una videocamera come si deve, il microfono di fortuna che utilizzavo distorceva parecchio la mia voce, e se la rendeva sgradevole a me in primis non oso immaginare quanto potesse dar fastidio a voi. Sì, è pur vero che tendo a essere molto autocritica, ma sono particolarmente fissata sulle voci e la mia, nel parlato senza registrazioni, è molto più gradevole.

Tutto ciò che nasce dalla fantasia per me è un'opera di fantasia.

Quando parlo di opera, in questo caso, mi riferisco a tutto ciò che viene prodotto dalla fantasia umana. Se poi si tratti di un’opera di buona qualità o pessima, questo è un discorso che esula da quello che dico in questo momento. Con “opera” non intendo il “capolavoro”, per intendersi. Credo che sia una questione importante, perché l’equivoco è sempre dietro l’angolo.

Non mi ritengo una guru e quello che dico non è una verità universale.

Penso sia ovvio, ma talmente ovvio che occorre ripeterlo: mi rendo conto che più le cose possono essere per me scontate, più per qualcun altro potrebbe non esserlo. Quello che dico sono sempre sproloqui derivati dal mio approccio a un’opera, assieme ai miei ragionamenti derivati dalla stessa e dalle informazioni che ricavo leggendo oltre a quelli derivati dagli approfondimenti per conto mio e dalle mie esperienze. Tutto questo concorre a darmi un’idea – credo – ampia di ciò che poi voglio condividere, esponendo tutto quello che ho da dire. Non la si deve pensare per forza come me, ci mancherebbe!

Fa piacere se qualcuno concorda, ma fa molto più piacere se pur non concordando si crea uno scambio di idee pacifico e costruttivo. Non è una cosa strana, accade davvero.

Quando dico qualcosa in una recensione non voglio convincere nessuno a pensarla come me su un libro/film/serie, come anche quando parlo di questioni più serie, ma nel caso in cui mi ritrovi davanti a delle immani e oggettive porcate che non stanno né in cielo né in terra dette dalle persone allora mi arrabbio, specie se parlo di faccende importanti, come le mie considerazioni sul femminismo o sulle questioni mediche.

Potete dirmi senza problemi che amate Harry Potter e non dico nulla con tutto che io lo detesto, ma se dite che una donna si è meritata di esser stuprata per via del suo abbigliamento allora vi stacco la testa a morsi, tanto per capirsi.

In virtù di cui sopra quello che io pretendo è il rispetto: come io lo do, allo stesso modo mi aspetto di riceverlo e se non perviene non esiste che io abbia un dialogo con chi non mi rispetta.

Motivo sempre quello che dico e dapprima mi informo.

Una cosa che non mi appartiene è l’odio a pelle, allo stesso modo la simpatia a pelle: qualunque sia una sensazione viscerale da me provata, sento la necessità di trovare razionalmente una ragione a quello che ho sentito, confermando o eventualmente smentendo la prima impressione. Sono sempre riuscita in questa cosa, ed è una piccola fonte di orgoglio personale, in tutt'onestà.

Amo conoscere, e sono di natura una persona molto curiosa e quando non so qualcosa cerco sempre di informarmi, cercando fonti affidabili, dato che la cattiva informazione – per certi versi più dannosa della disinformazione, anche se per me anche questa non ha ragione d'essere e non vale il “se non mi interessa non mi informo” perché se non ti informi non puoi dire se una cosa ti interessa o meno – è un cancro.

E no, non mi scuso per aver usato la parola cancro, lo dico con cognizione di causa: l'ignoranza mette radici come le cellule tumorali, può attecchire a largo spettro anche in lidi diversi rispetto a quelle in cui era nata e le conseguenze possono essere devastanti, addirittura mortali, basta pensare a tutto quello che succede nel mondo, se proprio vogliamo restare nella nostra realtà più prossima.

Non accadrà mai che io affermi qualcosa senza dare la motivazione di quanto dico, e questa sarà quanto più oggettiva possibile, oltre che informata.

Quando, per esempio, “conosco” uno scrittore nuovo cerco sempre di saperne di più, non mi limito a leggere il libro e vedere cosa mi lascia; quello è solo una parte del tutto.
Una massima di Harlan Ellison esplica chiaramente quello che voglio dire e lascio dire a lui tutto, perché non servono altre parole: “Non hai diritto alla tua opinione. Hai diritto alla tua opinione informata. Nessuno ha il diritto di essere ignorante.”

Ne ho fatto la mia filosofia di vita.

Quando mi informo su qualcosa non chiedo informazioni agli altri, ma solo le loro impressioni.

Questa è una cosa che mi riservo di fare successivamente, ovvero la ricerca di informazioni. Quello che mi piace sapere sono i pareri delle persone, mentre la curiosità di sapere di cosa si tratta X o di cosa parla deve venire da me. Se per esempio uno dei miei amici su faccialibro sta leggendo il libro X, vado su internet e mi cerco di cosa parla, almeno per ciò che concerne la trama. Non mi va proprio di pesare sulle persone e sono parecchio orgogliosa, quindi faccio da me. Allo stesso modo non mi piace fare il riassunto; trovo che sia pigrizia. La trama si può ricercare senza problemi sul web, a me piacerebbe parlare di altro, ovvero di cosa mi sta piacendo e cosa non mi sta piacendo. Quando si cerca una trama online è facile incappare negli spoiler; personalmente a me non danno fastidio perché un conto è sapere la cosa quando ti ci informi, un conto è arrivare alla scena “incriminata” quando leggi un libro o vedi qualcosa, con le tue emozioni e le tue sensazioni. Non perdo la voglia di procedere per conto mio anche se so cosa accadrà. Ma questa sono io, quindi quello che dico, come sempre, del resto, vale uno, e non pretendo certo che si faccia obbligatoriamente come dico io, non lo penso nemmeno lontanamente!

Parlando di spoiler quando ci si informa credo però che possano esser facilmente evitati: se vado su Wikipedia è normale trovare il mondo lì sopra, dato che essendo nata come enciclopedia ha uno scopo divulgativo e deve essere completa; se vado su siti dove si possono acquistare libri o altro non si trova lo spoiler.

Per rispetto degli altri, persino nelle recensioni tendo a non fare spoiler; in caso fosse necessario per dire qualcosa lo segnalo preventivamente; quello che ora vi chiedo, a tal proposito, è: cosa considerate spoiler? Come lo considerate anche rispetto a opere di uscita non recente?

Consiglio sempre tutto, anche le opere che non mi sono piaciute.

E vi dirò di più: consiglio soprattutto quello che non ho gradito.

Qui potreste dire “ma che stai dicendo?”, eppure è ciò che penso. Sono del parere che per avere un pensiero su qualcosa è necessario averci a che fare di persona e se io dico che quel libro è bello, mi ha lasciato indifferente/perplessa o mi ha fatto schifo, a parte motivare il tutto con tutta l’oggettività che mi è propria e che mi è possibile avere, dico comunque “te lo consiglio”. Questo deriva dal fatto che spesso si apprezza o meno qualcosa anche per fattori soggettivi e io non me la sento proprio di dire “non ho amato questo, questo e quest’altro e quindi dico no per tutti”; io non so se all’altra persona che mi legge/ascolta può invece piacere quello che non ho gradito io.

Per quanto possa conoscere qualcuno e sapere anche i suoi gusti, reputo il toccare con mano qualcosa sempre la cosa migliore, perché – faccio un esempio – se una persona in quel momento cerca una lettura per nulla impegnata e impegnativa e le va bene anche una ciofeca che a me ha fatto letteralmente cacare (ops, ne parliamo al prossimo punto) potrei impedirle di dilettarsi un attimo e di trovare l’evasione che cerca (ne parliamo tra due punti).

Con questo non dico che chi si fida del parere di qualcuno che conosce i gusti dell’altro faccia bene o male a non voler constatare di persona, ognuno è libero di fare come meglio ritiene opportuno, anche parlando di come investire il proprio tempo, ma per onestà intellettuale e per restare coerente con me stessa, dirò sempre cosa mi è piaciuto, cosa no, cosa ho amato, cosa ho odiato, cosa mi ha lasciato indifferente, aggiungendo il “ve lo consiglio sempre e comunque”.

Rivendico il diritto di dire che se una cosa mi fa schifo... mi fa schifo e basta, senza giri di parole.

Ritengo che le emozioni e i loro spettri siano tanti (direi vasti, per la precisione) e se amiamo un qualcosa con tutto il cuore, allo stesso modo possiamo odiare – non sono una buonista, quindi per me l'odio è possibile e reale – qualcosa, quindi se ci piace qualcosa con l’intensità di mille soli allora si può schifare nella stessa ed esatta maniera.
Per me l’indifferenza è la cosa peggiore perché vuol dire che la determinata opera non è riuscita nemmeno a fare breccia nel cuore e nella mente di chi ci si approccia alla stessa.
Dire che una cosa “fa schifo” non è un’offesa verso chi ha prodotto la tale opera (anche se ritengo che l’autore abbia offeso chi la legge/vede, ma dipende da quanto e quale sia lo schifo) e non è una cosa maleducata da dire: non si sta offendendo nessuno.
Se io dico “le cinquanta fognature mi fanno cacare a spruzzo” – va bene, ho sparato sulla croce rossa, mi rendo conto – non è che io dico “la James è una troia”; sono due cose totalmente diverse. La prima è legittima, la seconda no, perché offendi la persona che a parte aver scritto una merdata cosmica a te non ha fatto nulla: non ti ha rubato nulla non pagando le tasse, non ha ucciso nessuno, ecc.
Per questo dico che voglio rivendicare il diritto a dire che qualcosa fa schifo, e allo stesso modo tutti. Purché lo schifo sia motivato. E beh, sarebbe troppo facile altrimenti.

Con me ognuno ha il diritto di leggere ciò che gli pare e non sarà schifato come persona per quello che legge.

Abbiamo gusti diversi, questo è risaputo, e aggiungo che abbiamo tutti esigenze diverse, come anche tutto il tempo davanti per cambiare ‒ eventualmente ‒ le nostre preferenze. Parlando di esigenze mi riferisco al voler, in un determinato momento, di leggere una data cosa. Per esempio, in estate mi piace leggere maggiormente la saggistica dato che mettendo da parte gli studi un attimo posso concentrarmi su qualcosa di più impegnativo, e allo stesso modo si possono leggere libri meno impegnativi proprio per sentire la leggerezza da vivere in vacanza. Tutto ciò non è affatto un problema per me.
Ciò che a me dà fastidio è la soggettività che non permette di essere oggettivi, cosa di cui ho parlato qui, qui e qui.

Lascio passare del tempo (spesso parecchio) rispetto all'uscita di un’opera per avvicinarmi a essa.

Non mi approccio a qualcosa quando va di “moda” e non perché voglia fare l'alternativa a qualcosa – alternativa di che, poi, visto che ormai l'unica cosa davvero alternativa per quel che mi riguarda è essere se stessi – ma perché voglio evitare la febbre di quel determinato prodotto. Per febbre intendo proprio l'entusiasmo – che sfocia in delirio più di quanto non si pensi – che spesso non solo è eccessivo, ma tende a dar fastidio alle persone se hanno da ridire in modo oggettivo sulle cose, nella fattispecie me.

Non è il prodotto in sé che scanso, quanto più la fanbase, essenzialmente per due motivi. Se mi si dice di leggere/vedere/approcciarmi a qualcosa con insistenza, si può star sicuri che eviterò la data cosa con slancio perché più mi si dice di fare qualcosa e più non la faccio a prescindere. La ragione, però, non è solo questa. Avendo avuto molto a che fare col dilagante disagio delle persone, nel momento in cui mi avvicino a qualcosa preferisco che passi del tempo rispetto a quando la maggior parte delle persone attorno a me leggono/vedono questo o quello. Non è per cattiveria, ma voglio semplicemente essere serena quando mi diletto con le mie passioni; ho già tante preoccupazioni nel mio quotidiano, quindi evito quanto più possibile la gggente che gggenteggia, per capirsi.

Lo stesso vale quando sono invitata a dire la mia e con tutto che sono educata e motivo ciò che dico mi si attacca. Grazie, ma no, grazie.

Quando la febbre passa, ecco che io mi avvicino alla cosa. Non è un mistero che io abbia letto per esempio L’ombra del vento solo lo scorso anno (non appena sarò meno “impicciata” ve ne vorrei parlare come si deve), per esempio. Nel caso in cui aspetto invece con trepidante attesa qualcosa, allora tutto questo non lo considero in parte ovvero sto solo attenta a non avere a che fare con la gggente.

Credo di aver detto tutto, mi sa. O forse no; per il momento mi pare di sì, però potrei sbagliarmi. Nel caso in cui abbia dimenticato qualcosa, mi riserverò di aggiungerlo.

E voi, come vi approcciate a un’opera?

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