lunedì 8 agosto 2016

“Regina di fiori e radici”: la gioia di una fangirl, classicista mancata, a medicina

Vorrei iniziare parlando un po’ di me, e quando succede vuol dire che una parte di me è ancora in quel libro e ci resterà sempre. Questo libro è diventato uno di quei libri che rileggo quando sono giù di morale, quando sento il bisogno fisico di essere coccolata e abbracciata dalla magia di un mondo che mi ha fatto emozionare.
Nel caso in cui non ve ne freghi una ceppa vi interessi solo del mio sproloquio sul libro, andate dopo l’immagine e troverete quello che cercate.

Mi sono sempre definita una classicista mancata, e infatti frequentare il liceo linguistico non rientrava tra i miei progetti; la mia scelta era sempre stata chiara – così come lo era quello che voglio diventare – e quindi le mie due opzioni erano il liceo classico o il liceo scientifico. Col liceo classico sentivo una particolare affinità perché mio nonno buonanima, l’uomo che mi ha fatto appassionare alla lettura (e che ha scelto il mio nome: viene da una poesia), con tutto che si era dapprima fermato alla quinta elementare, una volta tornato in Italia perché aveva lavorato all’estero, grazie alle scuole serali è arrivato a diplomarsi. Al liceo classico. Essendo la persona per me più importante ed espressione vivente del “se ti metti con impegno raggiungi qualsiasi risultato”, mi sarebbe piaciuto sentirmi più vicina a lui, anche perché lo avevo perduto da poco.

Per una serie di ragioni – tra cui quella di mia madre che diceva “il liceo di quel paese no perché c’è un giro assurdo di delinquenza” – ecco che mi ritrovai al liceo linguistico. Al di là della classe (il motivo per cui ho odiato i tredici anni di scuola al paesino, erano le persone che mi riportavo dietro dalla prima elementare e dalla prima media), mi sono trovata benissimo parlando dei miei studi; ho imparato un’altra lingua oltre a quelle che conoscevo studiandole assieme al nonno e ho potuto viaggiare all’estero praticamente pagandomi solo le spese personali (in qualche ambito la meritocrazia funzionava) e ho visitato posti che mi hanno rubato il cuore. Per il resto, non vedevo l’ora di andarmene per non vedere quelle facce di culo, e va be’.

Questo però non mi ha impedito di amare con tutta me stessa il latino (lo amo tuttora che sono trapiantata in una facoltà che pare non dare spazio a qualsiasi cosa che rechi scritto sulla fronte “arte”), l’epica classica, la mitologia, il teatro… grazie alla prof di italiano e latino mi sono appassionata anche alla letteratura greca perché quando ci spiegava quella latina faceva i rimandi a quella greca. Mio nonno mi aveva fatto amare i miti greci e quello fu l’inizio della fine. La prof mi regalò un libro di miti greci e il Mammut col corpus delle tragedie greche oltre ad alcuni libri di grammatica di greco. Ho imparato qualcosina da sola e devo dire che già capire l’etimologia delle parole a medicina mi sta servendo alla grandissima.

Mi era stato parlato benissimo di questo libro e io che sono una poveretta che fa spese oculate (e che si fa regalare alle feste sempre e solo gift card) ho dovuto aspettare parecchio prima di comprarlo, ma ne è valsa davvero la pena.
Imbarchiamoci dunque su quanto ho da dire, ma per prima cosa vi lascio il link al blog e alla pagina Facebook della scrittrice, se desiderate conoscerla meglio.



Titolo: Regina di Fiori e Radici
Autore: Laura Mac Lem
Editore: Autopubblicato
Data di Pubblicazione: 2015
Pagine: 264
Formato e Prezzo: ebook €3,99/cartaceo €10,31

Per la trama, questa volta vorrei usare direttamente ciò che abbiamo in quarta di copertina. Qualsiasi altra parola è superflua.

“Quasi nulla di quello che è stato detto riguarda me, nonostante sia la mia storia.
Si è narrato della passione di mio marito, della disperazione di mia madre, della decisione di mio padre. Si è parlato della sofferenza dei mortali e dei riti che da allora vengono compiuti, per far sì che ciò che accadde non debba mai più ripetersi. Si sono narrate storie parallale e storie contrastanti, si ricordano particolari suggestivi, ma di ciò che riguarda me, di ciò che accadde a me, sembra si conosca ben poco.
Eppure è la mia storia.
Non è la storia di Ade, il signore dell’Oltretomba, delle anime dei defunti e di tutto ciò che cresce nel sottosuolo; non è la storia di Demetra, la Madre Terra che errò nel mondo alla ricerca della sua unica figlia, scomparsa nella tenebra di Erebo; e, certamente, non è la storia di Zeus, che permise tutto ciò avvenisse, finché i mortali non gli ricordarono, attraverso la loro mortalità, ciò che doveva fare. In questa storia ci sono anche loro, ma non è la loro storia.
È la mia.
La storia della dea della primavera e regina dell’Averno, contesa tra due mondi, finché la contesa non mi obbligò a compiere la mia scelta.
Quasi nulla si sa di ciò che significò, per tutti. Eppure rese il mondo ciò che è.
Perché io sono regina di fiori e radici.
Io sono Persefone”
.

Il consiglio musicale: Respiro Avido dei Folkstone. Sarebbe troppo banale dire che mi è scattato il rimando sentendo il verso “chiedo alla vita troppo/forse la falce risponderà” pensando ad Ade, e infatti non è questo non è il motivo per cui ho pensato a questa canzone.
Tra quelle parole e quelle note si percepisce una gran forza e la canzone mi appare un inno al coraggio, lo stesso coraggio che Persefone ha e che scopre di avere, perché “fuoco divampa dentro lei” (cambiamo il pronome della canzone): lei non resta “ferma ad aspettare un segno”, ma prende in mano la sua vita, con tutta se stessa. “Dentro profonde oscurità, la vera anima”, e noi leggiamo dell’anima di Persefone, ascoltandola davvero.

La recensione: parto col dire che, sebbene la vicenda sia nota, la scrittrice si è presa la libertà di utilizzare e riadattare la mitologia e il mito stesso a suo piacimento. Non lo nega di certo – cosa che ho tanto apprezzato – e io non vi starò a dire variazioni e invenzioni, perché potrei rovinare la sorpresa della lettura, me ne guardo bene dal farlo. Il mito viene ripreso con fedeltà, ma l’ottica è originale e autentica, davvero pregevole.

La me amante della mitologia ha sempre pensato che i miti e le storie che ci vengono tramandate sono stati concepiti e raccolti secondo la mentalità dominante del tempo e la condizione femminile del tempo è abbastanza palese, non ci giriamo intorno. Quello che però mi ero sempre chiesta, parlando del mito di Ade e Persefone – specie facendo il paragone con Zeus, alias mister-non-so-tenerlo-nelle-brache – è che lui non mi era mai sembrato uno “alla Zeus”, che avesse avuto altra donna se non lei. Persefone era la sua regina, la sua sposa, una donna che è sua pari, quindi per me la storia del rapimento con la conseguente versione dei fatti di Persefone intesa come “povera fanciulla ingenua, ti sei fatta rapire e poi passivamente accetti anche i patti degli dei” non ha mai retto. Certo, il gesto del rapimento c’è stato, ma era il resto che non mi era mai quadrato: troppo semplice, troppo scontato e troppo triste per una donna, insomma.
Ade poi regnava con saggezza e non stava a scocciare gli altri nel mondo dei vivi, stando bellamente alla larga da questa o quella scaramuccia dell’Olimpo e sulla terra, quindi qualcos’altro sotto c’era secondo me.

E con Regina di fiori e radici ho gongolato, perché ho trovato quel tanto altro che mi ero spesso immaginata e a cui per tanti anni ho pensato e che non ha deluso le mie aspettative.

Laura Mac Lem ha dato una caratterizzazione del tutto personale a personaggi più e meno noti della mitologia, e questa personalizzazione li rende tanto umani, con pregi e difetti. Le divinità greche per prime avevano connotati umani e in questo libro non puoi non notare quanto siano davvero vivi e tanto simili a noi.

La me fangirl ha saltellato un pochino nel ritrovarmi un Ercole idiota, segno che forse la mia teoria sulla stupidità – che reputo una malattia sia genetica sia multifattoriale e legata all’ambiente circostante – sia davvero valida, dovevo dirlo; anche dopo aver letto Euripide (leggete la tragedia!), mi è rimasta quest’immagine.
Ho tanto amato l’inserimento di Orfeo e di Euridice, uno di quei miti che mi ha sempre commossa.

Rivivere il mito attraverso gli occhi di Persefone è uno dei punti di forza del romanzo, oltre che di originalità. Lei era il personaggio che nel mito non aveva voce, il personaggio che veniva definito come in balia degli eventi decisi da altri, a cui lei acconsentiva senza poter dire la sua.
Qui, invece, la situazione si ribalta: Persefone pensa, parla, agisce, e noi riusciamo a sentirla appieno. La sua voce, per troppo tempo negata, adesso è presente e viva, e resta impressa, come a volerci far capire che per troppi secoli ha taciuto, ma adesso basta: reclama il suo spazio, e noi ascoltiamo la sua versione dei fatti, mentre io dico “finalmente, non aspettavo altro”.

Con gli anni ho perso l’abitudine a leggere libri narrati in prima persona e quei pochi che ho letto in questi anni più recenti mi hanno sempre lasciato l’amaro in bocca perché uno dei rischi della prima persona è quello di dire tante cose che rimandano alle impressioni del protagonista, ricevendo dettagli che non servono, mentre la trama e gli avvenimenti salienti restano non molto definiti, un po’ come se in una stanza buia si vedessero solo alcune lucine che illuminano dei – non tutti – soprammobili, e tu vorresti orientarti nella stanza, per prima cosa.
In questo caso, invece, la prima persona è perfettamente adatta al contesto, ma non solo, non sfocia in piccolezze inutili, restando quindi ancorati alla vicenda, con un linguaggio particolare – descrittivo ed evocativo al contempo con parole scelte con attenzione – che rievoca il mito e rimanda anche alla nostra epoca, regalandoci una Persefone moderna, una vera protagonista, sia della sua vita sia degli avvenimenti narrati.

L’immagine che si ha di Persefone – almeno all’inizio, come se si volesse dapprima mostrare quella che ci è stata tramandata – è quella di una giovane tenera e dolce, simile a una bambolina, mentre sua madre è solida e forte, così come le sue sorelle, più incisive rispetto a lei. Lei è la ragazza con cui si riesce ad andare d’accordo, il cui carattere porta a mitigare quelli più “tosti”. La sua figura mite e placida si sposa bene con i fiori, con la primavera, il cui tepore e la cui dolcezza riescono a scaldare gli animi delle persone.
Ma Persefone non è solo questo, affatto: ridursi a definirla così sarebbe semplicistico, oltre che errato.

Il titolo parla chiaro: Persefone sa che i fiori per vivere hanno bisogno della luce del sole, ma essi esistono anche nel sottosuolo, laddove le radici dimorano e senza di esse nulla può sbocciare.
Persefone sa cosa fare, non è la ragazzina ingenua che crede a tutto e si lascia trasportare dagli eventi come una canna al vento. È una dea, ed è una donna, che reclama ciò che desidera, con coraggio e volontà. È una testa pensante e non si lascia calpestare da nessuno: ci racconta delle scelte che lei ha compiuto, non delle imposizioni che ha dovuto subire. Nessuno decide per lei, né sua madre, né suo padre, né suo marito. Persefone è la donna – ancor prima di essere dea – che chiede che le si venga attribuita la piena consapevolezza delle sue azioni, perché capace di discernere; nessuno pensa mai a chiedere cosa desideri lei o cosa pensi al riguardo di questo o quello, e Persefone non ci sta. Non desidera affatto adeguarsi alle decisioni prese dagli altri, al di là del fatto se si voglia o meno il suo bene. L’amore che si nutre per le persone care non vuol dire che debba renderci dei burattini nelle loro mani; alla fine Persefone dice basta e lo fa con una forza tale che non puoi non esultare per lei e con lei.

In questa storia abbiamo la crescita di Persefone, una donna che prende coscienza di sé, del proprio potere, del proprio posto nel mondo. È la voce di una donna che si ribella alle imposizioni, una donna che non ha paura di dire la sua – e non vedo perché dovrebbe –, una donna che ci racconta la sua storia in prima persona.

Ade è, l’altro personaggio principale e per molti versi appare l’opposto di Persefone, ma anche di tutti gli altri che vedono la dea come una ragazzina, mentre lui la tratta da adulta. Anche lui, come la sua sposa, tende a essere un personaggio – sebbene sia il dio di uno dei tre regni – il cui parere non venga molto preso in considerazione.
Egli è austero, duro, giusto e implacabile, ma per quanto possa esser dipinto come freddo e distante, ama davvero sua moglie, con tutto che l’abbia rapita.

Non abbiamo una sindrome di Stoccolma, cosa per cui ringrazio con tutta me stessa – ho assistito troppe volte alla lettura di “robe” che tentano di far passare per “ammmore” quello che non lo è –, ma qui abbiamo la resa di un rapporto per nulla facile, che si sviluppa col tempo, fatto di gesti, che sono quelli che più contano in una relazione.
Rendere per bene il tutto non sarà stato facile, considerando il fatto che il rapimento c’è stato, ciò nonostante il sentimento ha messo radici sin da prima di quell’avvenimento, e non ringrazierò mai abbastanza la scrittrice per averci regalato una relazione che necessita del suo tempo per evolvere, così come leggiamo dell’evoluzione di Persefone stessa, che si ritrova a vivere in un regno a lei ignoto, in cui almeno all’inizio si sente come un pesce fuor d’acqua, per poi capire bene la situazione e vivere la relazione col suo sposo, non senza mancare di dire la sua.

Questo libro mi ha dato davvero tanto e non è un caso che ne parli ora, alla terza rilettura – in estate tendo sempre a rileggere libri che amo – perché sentivo la necessità di rituffarmi tra queste pagine che tanto mi hanno coinvolta e accompagnata in un momento in cui mi risulta difficile dire che amo leggere, che amo tutto ciò che è classico, perché – almeno in questo mondo che risulta essere per me la facoltà di medicina – se ami leggere vieni visto non come uno sfigato, ma peggio, come una persona di cui farsi beffe perché “leggere non è importante, non serve a niente”. 

La storia di Persefone raccontata da Laura Mac Lem è uno dei miei memento che mi permette di ricordare che sono io l’unica persona che può scegliere della e sulla mia vita, in piena libertà e consapevolezza e oggi sentivo di unire la mia voce a quella della dea, che non possiamo far altro che dire grazie alla scrittrice.

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