martedì 8 marzo 2016

Di come io e l'otto marzo ci guardiamo sempre in cagnesco.

*Attenzione: contiene linguaggio a tratti scurrile*

Questa volta parlerò di qualcosa partendo dalle mie esperienze, quindi il discorso sarà personale, per cercare magari di fare un discorso generale. Si prega quindi di non giudicare il mio vissuto o la mia visione delle cose; per parlarne in modo civile e garbato, invece, sono sempre disponibilissima.

Non ho mai fatto mistero del fatto che sono atea e anticlericale, ma non per questo non rispetto le persone religiose (di qualunque religione, a patto che si rispetti me e il mio ateismo e non vogliono cercare di inculcarmi qualcosa), quindi non ho un problema con le feste “programmate” come il Natale, la Pasqua o le feste patronali.

È altresì vero che l'unica festa che io adoro è il compleanno, sia quello delle persone a me care sia il mio, perché mi piace davvero fare regali a chi voglio bene, ma riconosco che preferisco (specie fare) di più un pensierino random in qualsiasi altro giorno dell'anno perché per ricordarsi di qualcuno non serve la festa, se si tiene a essa, almeno secondo me.

C'è però una giornata dell'anno in cui io vedo dilagare la grande fiera dell'ipocrisia che possiamo sì vedere ogni giorno, ma qui portata all'estremo: sto parlando dell'otto marzo, il giorno che viene definito come la “festa delle donne”.

Perché ce l'ho con questa “festa”? Beh, è presto detto: non ce l'ho per la giornata in sé, ma per l'uso che la gente fa di questa giornata e no, non mi sto riferendo al voler andare a festeggiare magari con degli spogliarellisti. Ma andiamo con ordine.

Innanzitutto la “festa delle donne” non si chiama così: il suo vero nome è giornata internazionale della donna e molti sono i miti e le leggende che ruotano attorno a questa giornata.
Miti e leggende che sono dei veri e propri falsi storici.

Le leggende narrano che questa giornata sia nata in commemorazione di alcune donne americane che persero la vita in un incendio in fabbrica nel 1857, perché furono chiuse nella fabbrica dal proprietario affinché le donne non partecipassero a uno sciopero. Altre storie fanno riferimento a un rogo avvenuto nel 1911 a New York in una fabbrica di camicie, in cui persero la vita 134 donne.
Controllando le fonti storiche si scopre che questa fabbrica non esisteva e ogni Paese cambia sempre date, luogo e numero delle vittime.

Ebbene, tutto questo è falso.

L'origine della giornata internazionale della donna è da ricercarsi nella storia del socialismo.

Nel febbraio del 1909 gli Stati Uniti, su iniziativa del Partito socialista americano, pensarono di celebrare per la prima volta questa giornata. Nel 1910 l'iniziativa venne raccolta a Copenaghen durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste, anche se non risultano le motivazioni che portarono a scegliere tale data, stando ai documenti del congresso. E infatti fino al 1921 i singoli Paesi scelsero giorni sempre diversi tra loro per questa celebrazione.

Dal 1921 si scelse invece – durante la Seconda conferenza delle donne comuniste a Mosca – come unica data per le celebrazioni, uguale in tutto il mondo l’otto marzo, in ricordo della manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo nel 1917.

Questa giornata non ha nulla a che vedere con commemorazioni varie ed eventuali (oltre che fasulle). In Italia trovò riscontro negli anni '40, a opera delle donne dell'Unione Donne in Italia e si scelse come fiore la mimosa, perché si trova a marzo e costa(va) poco – oggigiorno direi che la paghi anche troppo visto il lato consumistico che ha assunto ogni ricorrenza – ma le iniziative di renderla giornata nazionale non attecchirono fin quando non arrivò anche da noi il femminismo.

La cosa che mi preme sottolineare è una: il femminismo non è il contrario del maschilismo.

Il femminismo lotta per far sì che tutti indistintamente siano davvero di pari diritti e doveri di fronte la legge e nella società. Si sostiene quindi la parità economica e sociale dei sessi, che il sesso biologico non sia un discriminante che determina un modello sociale prestabilito, o i diritti politici ed economici della singola persona.
Il femminismo lotta contro tutte le oppressioni di genere, rivolte alle persone, siano esse donne o uomini.

Si tratta quindi di una forma di egualitarismo; molto spesso si chiede perché al posto di “femminismo” non si usa la parola “egualitarismo”: la risposta che io do è sia etimologica sia sociale.
All'interno dei trattati medici francesi del Settecento si ha la definizione di “femminismo” come una patologia, ovvero la fiacchezza e l'indebolimento del corpo maschile. Era un termine dispregiativo utilizzato per dire dunque che sono le donne a essere deboli (anche fisicamente), non gli uomini. Da qui si capisce che la donna è stata da sempre oggetto di vessazioni fisiche, sociali, economiche e politiche e questa è la ragione per cui si usa la parola “femminismo”: ricordare da dove si è partiti, per cercare di ottenere la vera parità.

Non dobbiamo nascondere il fatto che dietro la parola “femminismo” si nascondono molte persone che pensano solo ai propri interessi, i loro tornaconti e pensano e dicono cose del tipo “le donne sono superiori”. No, questo non è quello che il femminismo insegna. Queste persone non sono femministe. Mi spiace deludere queste persone (ma anche no), ma no, il femminismo predica la parità e cerca di renderla effettiva anche nei fatti.

Assodato ciò, passo a dire perché mi dà fastidio il come venga utilizzata questa giornata.

Prima ho detto che non mi riferisco di certo alle donne che questa sera andranno in discoteca, si divertiranno, balleranno… ognuno nella propria vita è libero di decidere come spendere meglio il proprio tempo.

Come sempre ricordo che non esiste un unico modo di essere donna: si è donne in qualunque modo si decide di vivere la propria vita, al di là degli stereotipi e delle convenzioni sociali; si deve fare ciò che ci si sente di fare.

L'amare la discoteca (esempio che uso sempre perché viene visto come simbolo di frivolezza e stupidità) non è condizione necessaria e sufficiente per giudicare una persona, tantomeno una donna. Il fatto che una persona ami ballare non vuol dire affatto che non possa essere una persona che ha interessi, che lavora, che vuole essere indipendente o chissà altro. Una bella manica di fatti propri la gente dovrebbe farsela sempre.

Ed ecco che abbiamo quegli uomini – e anche tante donne – che vogliono affibbiare l'etichetta di “troia” a chi va a ballare, a chi fa sesso occasionale, a chi sceglie di vivere la propria vita come meglio crede e quindi inizia un discorso del tipo “non sono vere donne quelle che si vanno a divertire, fate schifo” o “la festa della donna non è solo oggi, si è donne sempre”, “questa sera la voglia di cazzo si farà sentire” (nel caso in cui si aggiungano anche gli spogliarellisti).

Un momento, prima dite che si è donne sempre e poi quando una donna si diverte non lo è più? Come funziona questo ragionamento? Non notate che ci sia dell'ipocrisia di fondo nemmeno così tanto velata?

Bisogna far notare che, nel caso sia un uomo a voler andare in discoteca, le persone che ritengono che la donna sia una troia, lo legittimano per un uomo, mentre chi lo legittima per una donna dà all'uomo del porco o del bastardo. Se da un lato ci sono le “cagne”, dall'altro abbiamo il “cacciatore”, se da un lato abbiamo la “cacciatrice”, dall'altra abbiamo lo “stronzone”. Si hanno sempre due pesi e due misure quando le persone sono tutte uguali. Nell'eventualità in cui a una donna poi piacciano gli uomini, ritengo che la voglia di cazzo ci si anche tutto l'anno. Lo stesso vale per le donne a cui piacciono le fighe o tutti e due.

I giorni di queste “feste” mostrano come sempre la falsità delle persone e dei loro ragionamenti.

Ed ecco come, dopo centinaia di anni di tentativi di emancipazione, proprio per l'otto marzo, si attua la svalutazione della donna per la propria libertà sessuale, laddove ancora non è chiaro che una persona (e quindi anche la donna visto che è una persona) può fare quello che più la aggrada, non solo oggi, ma tutti i giorni.

L'assunto dell'essere donne sempre, in ogni giorno dell'anno è giusto, e se qualcuno vuole divertirsi questa sera non è quello il problema.

Il problema sussiste quando ci si ricorda della donna solo in questo giorno, mentre tutti gli altri giorni dell'anno non viene considerata se non alla stregua di un oggetto.

Sentirmi dire – tanto per non uscire dal mio seminato – da mio padre “auguri”, quando ieri sera mi ha detto che spera che il mio futuro marito mi metta in riga a suon di sberloni perché il mio voler avere una relazione sana, fatta sul rispetto e sulla condivisione (anche delle mansioni domestiche) a lui non sta bene visto che pensa che l'uomo in casa non deve fare nulla perché ci sono moglie e figlia che sfaccendano, io non me ne faccio nulla. Sono una presa per i fondelli degli auguri del genere.

Vedere mio fratello che mi porge un rametto di mimosa quando poi i restanti giorni dell'anno mi definisce una sfigata perché amo scrivere e perché sono single (“ma che vuoi rimanere zitella?”) mi fa venire da dire, in un modo nemmeno tanto educato, che la mimosa se la può infilare nel culo visto come mi tratta.
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Per dirlo con un meme. Crediti de L'ignorante.
Non bastano degli auguri o un gesto simbolico a cambiare le cose. Non servono a nulla se non sono accompagnati dai fatti.

Per fatti io intendo i gesti, i pensieri e le parole che recano davvero rispetto a una donna. E questo deve essere fatto da tutti (non è un caso che una delle mie rubriche si chiami “donne che odiano le donne”) e porto alcuni esempi; se li mettessi tutti diverrebbe un papiro.

Dire a una donna che è una troia perché indossa una minigonna non è rispettoso, dire a una donna che è puttana perché fa sesso occasionale non è rispettoso, dire a una donna che non è una donna se non desidera avere figli non è rispettoso.

Augurare a una donna uno stupro perché “quella brutta troia mi ha friendzonato!” è da persone di merda (non posso dire rispettoso) perché non si ha rispetto né della donna in questione (che si è vista come altro) né del sentimento dell'amicizia che si millantava, usandolo come copertura per ottenere qualcos'altro. Uno stupro è quanto di più brutto possa esserci per una persona, non sono auguri da fare, è da teste di cazzo.

Scrivere sotto la foto di una modella/cosplayer/attrice “sei da stupro”, “quanti colpi di minchia che ti darei”, non è rispettoso perché se la loro bellezza e il loro fisico sono adoperati per lo spettacolo, questo non vuol dire che tu, tizio generico, debba sessualizzarle. Non sono dei pezzi di carne, sono persone. 

Dire a una donna che è una troia perché parla col tuo ragazzo (magari anche tentando un approccio con lui) non è rispettoso: per quanto io – singola persona, di nome Barbara – non ami proprio approcciarmi a una persona che so già essere impegnata per rispetto delle persone che vivono la relazione e della relazione stessa, so che non è la donna che sbaglia se le viene data corda dall'altra parte della tua relazione.

Chiedere a una donna a un colloquio di lavoro se ha un partner o una famiglia o desidera avere figli non è rispettoso oltre a essere una cattiveria visto che non sono le capacità lavorative della persona a esser messe in discussione, ma le sue scelte di vita, ledendo quindi l'autodeterminazione della donna nella propria vita.

Giustificare una molestia o una violenza su una donna “per colpa del suo abbigliamento” non è rispettoso, relegare una donna al ruolo di serva in casa – per quanto lei possa dedicarsi alla casa e ai figli per una sua libera scelta – trattandola come una bestia da soma non è rispettoso, dire a una bambina che deve essere sempre essere a modo e non deve giocare (facciamo un esempio) col camion dei pompieri non è rispettoso.

Tantissimi sono i comportamenti di retaggio maschilista che si hanno ancora oggi ed è triste vedere che moltissime sono le donne che cercano di screditare le altre, essendo quindi anche loro maschiliste. Perché sì, il maschilismo non è solo prerogativa degli uomini, come comunemente si pensa.

A tal proposito voglio lasciarvi dei link: parto innanzitutto con quelli del SISM, che in Italia provvede sempre con le campagne di informazione – qui e qui ne trovate due – al fine di sensibilizzare quanto più possibile. In particolare queste due campagne sono contro la violenza sulle donne (in ogni sua forma) e per far capire che l'abbigliamento succinto di una donna non è un invito alla violenza.

Vi lascio anche alcuni miei precedenti articoli: 

Detto questo, voglio porgere i miei più sinceri auguri per la giornata internazionale della donna, con l'augurio di essere donne sempre, in ogni circostanza, secondo la propria volontà, inclinazione e consapevolezza, senza nessuna imposizione culturale o da parte di qualcuno.

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